Nel 1912 affonda il transatlantico Titanic, motivando Reginald Fessenden a costruire il primo Sonar che permetteva di identificare un iceberg a oltre due miglia di distanza. L’ultrasonografia, che è alla base del Sonar, è stata poi tristemente migliorata per motivi militari. Dopo anni di secretazione governativa, gli ultrasuoni sono approdati felicemente in sanità.
Ma gli ultrasuoni sono quotidianamente utilizzati anche in metallurgia e oceanografia, da tecnici specializzati, e l’infermiere dovrebbe dunque chiedersi perché non possa farne uso anche lui, nella sua attività quotidiana.
Molte azioni che vengono svolte dagli infermieri con il solo uso dei propri sensi, come vista, tatto e udito e che si affinano con l’esperienza, possono essere migliorate e amplificate con l’utilizzo degli ultrasuoni.
Nel mondo molti infermieri non hanno voluto attendere, ma hanno anticipato l’ evoluzione della didattica sanitaria, inserendo l’ultrasonografia nella loro pratica.
Tra le varie esperienze, presso il Centro Dialisi dell’Ospedale Maggiore di Bologna, un gruppo di infermieri ha sviluppato, attraverso una formazione mirata, competenze nell’utilizzo dell’ecografia per migliorare la loro professionalità e soprattutto la qualità assistenziale a disposizione dei pazienti, nella delicata fase di puntura della Fistola Artero-Venosa.
Sonografie der Sehnenscheide Sonography of tendon sheath
( FAV ). La Fistola Artero Venosa viene creata tramite il collegamento tra un’arteria ed una vena, “arterializzando” dunque un vaso venoso se ne permette una più facile individuazione e venipuntura. L’aumento della portata sanguigna produce una dilatazione del lume del vaso venoso arterializzato, e a volte, capita di imbattersi in sistemi vascolari tortuosi e nascosti. In questi solo l’esperienza e le capacità sensoriali dell’operatore esperto permettono un corretto posizionamento di aghi per emodialisi, aghi che, per le loro dimensioni, farebbero paura anche al più valoroso eroe mitologico. Non è certo piacevole per il paziente essere sottoposto a più tentativi di reperimento dell’accesso vascolare, ma non lo è nemmeno per l’infermiere, frustrato per i ripetuti fallimenti.
A volte la sua esperienza, unitamente ai sensi ( vista e tatto ) utilizzati fino a quel momento nell’attività quotidiana, possono essere insufficienti! Gli occorrerebbe un ulteriore senso, che gli consenta di vedere quello che non è visibile perchè nascosto dalla cute. Un sesto senso non inteso come intuito, ma come quella capacità che nel 1793 fu ipotizzata dall’emiliano abate Spallanzani. Questi notò come dei pipistrelli, da lui accecati, mantenessero gli stessi movimenti e traiettorie dei volatili che conservavano l’uso della vista, e solo nel 1930 lo statunitense Donald Griffin portò a termine gli studi sulla ecolocalizzazione o biosonar, caratteristica dei pipistrelli e dei cetacei capaci di emettere ultrasuoni.
Gli infermieri della Dialisi dell’ Ospedale Maggiore non hanno avuto la pazienza di attendere che tale caratteristica fosse acquisita con l’evoluzione della specie umana e, senza lasciarsi sopraffare nè dalla paura e nè dalla diffidenza, hanno intrapreso un corso di ecografia infermieristica, mirata al reperimento di accesso vascolare. Tale metodica è relativamente semplice per chi non deve effettuare attività diagnostiche, che restano di competenza medica.
Nella pratica hanno seguito prima dei corsi di ecografia infermieristica, esercitandosi inizialmente su modellini autocostruiti di materiale inerte, e successivamente su loro pazienti, attentamente selezionati. Hanno valutato i vantaggi che sarebbero derivati da una tecnica che non produce danni alle strutture esaminate, e prodotto immagini variamente orientate delle zone di interesse.
Le immagini ecografiche di un accesso vascolare, prodotte da ecografisti esperti, possono risultare del tutto inutilizzabili se non eseguite contemporaneamente alla manovra di venipuntura. Di contro un infermiere, adeguatamente formato, potrà opportunamente coniugarle due tecniche, incanulando in tempo reale il vaso, prendendo visione sullo schermo della progressione dell’ago fino al vaso sanguigno interessato. Potrà eseguire numerose scansioni sul ramo venoso, fino a poter riprodurre una ricostruzione precisa sulle sue caratteristiche: profondità, diametro, presenza di trombi e stenosi.
Gli infermieri del Centro Dialisi Maggiore, ancora freschi di addestramento ecografico ed entusiasmati come bambini, hanno prodotto le prime immagini ecografiche dell’accesso vascolare di un paziente che presentava ripetute difficoltà alla venipuntura.
Subito hanno notato la presenza di un trombo e, consultando un angioecografista esperto, hanno scoperto la presenza di uno pseudoaneurisma. Dopo aver prodotto uno schema dettagliato del vaso, hanno capito che dalla tecnica di approccio di ogni singolo operatore potevano derivare successi o fallimenti.
Un’ulteriore esperienza, che vale raccontare, è quella di una paziente portatrice di CVC giugulare, che nell’attesa di un intervento di superficializzazione della FAV per ripetuti fallimenti nel posizionamento degli aghi, decide autonomamente di rimuoversi il CVC, in un momento di particolare afflizione. Alla sua richiesta di utilizzare comunque la FAV, gli infermieri hanno tentato l’incanulazione del vaso sotto ecoguida, creando con successo dei siti per il Bottonhole, ed evitando l’intervento di superficializzazione.
L’uso dell’ecografia in ambito infermieristico dialitico può non intendersi relativo alla sola venipuntura della FAV.
I vantaggi possono essere molteplici: collaborare con il medico nel posizionamento di una catetere venoso, posizionare dei cateteri periferici ( PICC ) ad alto flusso, valutare globi vescicali nonché edemi polmonari.
In un discorso più complessivo, l’attività infermieristica trarrebbe numerosi vantaggi : si pensi a tutte quelle manovre che vengono eseguite alla cieca, basandosi sulle proprie esperienze e capacità sensoriali, quali vista udito e tatto, e che l’ecografo è l’unico apparecchio in grado di amplificarle.
Ricordando Florence Nightingale (1872) “per noi che prestiamo assistenza infermieristica, la nostra assistenza infermieristica è qualcosa che, se non contribuiamo a far progredire ogni anno, ogni mese, ogni giorno, contribuiremo a far regredire”.
Autori: Ferdinando Affinito (1), Infermiere esperto e tutor in tecniche emodialitiche ed ecografia infermieristica, Centro Dialisi Ospedale Maggiore, Azienda USL Bologna, Roberta Toschi, Responsabile Processi Assistenziali Dialitici, Azienda USL Bologna
fonte
ipasvibo.it