In Trentino si accende il dibattito sulla possibilità, per gli infermieri di triage, di ordinare esami radiografici nell’immediato accesso in Pronto Soccorso. La sperimentazione, avviata per snellire i tempi e garantire un’assistenza più tempestiva, ha suscitato la dura reazione dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica (TSRM-PSTRP), che ha annunciato azioni legali richiamando la normativa vigente in materia di prescrizioni diagnostiche.
Tra prescrizione medica e attivazione procedurale
Occorre distinguere due piani:
Prescrizione clinica, atto medico-diagnostico, che resta di esclusiva competenza del medico come previsto dal D.Lgs. 101/2020.
Attivazione procedurale, possibile per l’infermiere nell’ambito di protocolli aziendali approvati, in cui l’esame radiografico rappresenta uno step predefinito a fronte di determinati sintomi o condizioni cliniche rilevate al triage.
In quest’ottica, l’infermiere non “prescrive” in senso medico-legale, ma attiva un percorso assistenziale già validato, garantendo tempestività e sicurezza.
La cornice normativa
DM 739/1994: riconosce all’infermiere autonomia e responsabilità nell’identificazione dei bisogni e nella pianificazione degli interventi assistenziali.
Legge 42/1999 e Legge 251/2000: rafforzano la piena professionalità dell’infermiere, non più ausiliario ma responsabile delle proprie decisioni assistenziali.
Codice Deontologico FNOPI (2019): richiama l’infermiere a operare con autonomia e responsabilità, sempre in collaborazione interdisciplinare
La giurisprudenza di Cassazione
La giurisprudenza ha più volte chiarito il ruolo dell’infermiere come professionista autonomo:
Cass. pen. n. 8254/2011: l’infermiere risponde personalmente delle proprie condotte assistenziali, non potendo essere considerato mero esecutore di ordini medici.
Cass. civ. n. 8770/2017: ribadisce che l’infermiere è professionista sanitario autonomo, titolare di responsabilità specifiche, la cui condotta va valutata in relazione al proprio profilo professionale.
Cass. civ. n. 23431/2025 (recentissima): riconosce che l’infermiere non può essere impiegato in mansioni dequalificanti, sancendo che il rispetto del profilo professionale è garanzia non solo per il lavoratore ma anche per la sicurezza delle cure.
Queste pronunce confermano che l’infermiere agisce entro una sfera autonoma di responsabilità, che non può essere ridotta a mera esecuzione subordinata al medico.
Un dibattito da riportare sul piano organizzativo
Il nodo della questione non è quindi giuridico, bensì organizzativo:
Il medico mantiene la responsabilità clinico-diagnostica.
L’infermiere assume responsabilità assistenziale e organizzativa, attivando protocolli condivisi per ridurre tempi di attesa e aumentare la sicurezza del percorso di cura.
Presentare l’atto infermieristico come “invasione di campo” rischia di confondere ruoli e responsabilità, anziché valorizzare la collaborazione interdisciplinare richiesta dal SSN e dalle stesse direttive europee in materia di sicurezza e qualità delle cure.
La sperimentazione trentina non apre a sconfinamenti di competenze, ma valorizza l’autonomia professionale già riconosciuta all’infermiere dalla legge e confermata dalla Cassazione. Parlare di “bufera” significa trascurare il vero obiettivo: garantire al cittadino un’assistenza rapida, sicura e appropriata, nel rispetto delle responsabilità di ciascun professionista.
Redazione NurseNews.eu
