Gli argomentisti favorevoli allo sfruttamento professionale degli infermieri dovrebbero interrogarsi circa la legittimità delle mansioni loro attribuite, considerando che tali funzioni non risultano mai essere state formalmente attribuite agli Infermieri ex professionali, oggi laureati. A tal proposito, si evidenzia come, già con l’Accordo di Strasburgo del 1973, ratificato in Italia mediante il DPR n. 225/1974, l’assistenza di base non sia mai stata attribuita agli Infermieri Professionali, bensì al personale generico, figura ormai in via di esaurimento, progressivamente sostituita da personale subalterno, quali ausiliari specializzati, OTA, OSS, fino ad arrivare, nel 2025, alla figura dell’Assistente Infermieristico.
Inoltre, la giurisprudenza ha più volte riconosciuto il significato di “assistenza completa al malato”. Giova ricordare che la Suprema Corte di Cassazione, sez. lav., con sentenza n. 1078 del 9 febbraio 1985, ha confermato la legittimità di un licenziamento di un’infermiera generica che si rifiutò di svolgere mansioni di tipo igienico-alberghiero nei confronti di un paziente, inquadrando tale condotta come legittima nell’ambito delle attribuzioni professionali.
Analogamente, numerose pronunce dei giudici in sede di merito – tra cui le pronunce emesse dai Tribunali di Cagliari, Brindisi, Caltanissetta, Napoli, Roma, Catania, nonché dalla Suprema Corte di Cassazione – hanno condannato il demansionamento dell’infermiere laureato, riconoscendo la nullità di tali pratiche e affermando la preminenza del rispetto delle attribuzioni professionali sancite dalla normativa vigente.
Sostenere il sistema dello sfruttamento a scapito della professionalità degli infermieri, favorendo pratiche di demansionamento o di attribuzione di mansioni subordinate, equivale a un grave attacco non solo al rispetto delle norme giuridiche, ma anche al principio di tutela della salute pubblica e dell’interesse collettivo.
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