Secondo il recente rapporto della Fondazione Gimbe, l’equilibrio del Servizio Sanitario Nazionale è minacciato da una sproporzione sempre più grave: un surplus di figure mediche e una drammatica carenza di infermieri, con implicazioni strutturali per il sistema nel suo complesso.
Dati e numeri salienti
Nel 2023, i medici dipendenti erano 109.024, circa 1,85 ogni 1.000 abitanti; a questi se ne aggiungono 57.880 convenzionati.
Includendo specializzandi e medici in attività, secondo l’OCSE l’Italia conta 315.720 medici, pari a 5,4 ogni 1.000 abitanti. È una cifra ben sopra la media OCSE (3,9) e la media europea (4,1).
Sul fronte opposto, gli infermieri italiani sono solo 4,7 per 1.000 abitanti (277.164 infermieri dipendenti), ben lontani dalla media OCSE che è 9,5 per 1.000. In Sicilia il rapporto scende a 3,53 per 1.000.
Questi numeri rivelano che l’Italia non soffre una carenza complessiva di medici — ma piuttosto una fuga dal servizio pubblico e squilibri interni , mentre la professione infermieristica perde attrattività.
Il rapporto segnala, ad esempio, che per il corso di laurea in Infermieristica per l’anno accademico 2025/26 le domande presentate sono inferiori ai posti disponibili (rapporto 0,92).
Le conseguenze: finanziarie, organizzative e sociali
Finanziamenti e risorse
Il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) è aumentato di 11,1 miliardi tra 2023 e 2025 (da 125,4 a 136,5 miliardi), ma questo aumento è illusorio se rapportato al PIL: in realtà, viene rilevato un definanziamento reale di 13,1 miliardi in termini relativi.
In percentuale del PIL, la spesa è diminuita: dal 6,3 % del 2022 al 6,0 % del 2023, poi al 6,1 % nel biennio 2024-2025.
Accesso alle cure e rinunce
Nel 2024, oltre 5,8 milioni di italiani (9,9 % della popolazione) hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per motivi economici o logistici.
La spesa sanitaria privata grava pesantemente sui cittadini: l’86,7 % della spesa privata è “out-of-pocket” (a carico diretto delle famiglie).
Disparità territoriali e mancati LEA
Solo 13 regioni rispettano i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Le regioni del Sud (tranne Puglia, Campania e Sardegna) risultano particolarmente in difficoltà.
La mobilità sanitaria mostra come le regioni del Nord attraggano pazienti da Sud e Centro: il 94,1 % del saldo attivo proviene da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto; nel Sud, diverse regioni presentano un saldo passivo molto elevato.
Nel 2025, delle 1.723 Case della Comunità previste, solo il 12,7 % ha attivato tutti i servizi previsti e solo una minima frazione ha personale medico e infermieristico.
Le richieste di Gimbe
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, lancia un monito: non basta formare più medici se non si attuano politiche concrete per rendere attrattiva la sanità pubblica e per valorizzare la carriera infermieristica. Investire senza strategia rischia di alimentare la migrazione verso il privato o l’estero.
Serve un nuovo patto politico, sociale e professionale:
che consideri la salute un investimento e non un costo da comprimere,
che superi le divisioni ideologiche e i cambi di governo,
che riconosca la sanità pubblica come pilastro della coesione sociale e che promuova un uso responsabile dei servizi da parte dei cittadini.
Redazione
