In tanti reparti sanitari italiani capita ancora troppo spesso di vedere l’infermiere impegnato nella detersione fecale del paziente. Una pratica che sembra “normale”, ma che non lo è affatto: può mettere a rischio il paziente, l’operatore stesso e la qualità delle cure.
In questo articolo spieghiamo perché questa attività non rientra tra le competenze infermieristiche, quali rischi comporta e perché pazienti e familiari dovrebbero rifiutarla, anche quando sembra una “semplice cortesia”.
L’infermiere ha un altro ruolo
L’infermiere è un professionista sanitario con competenze cliniche, educative, tecniche e relazionali. Non si occupa di “assistenza di base”, ma:
- somministra farmaci,
- gestisce accessi venosi e medicazioni,
- valuta segni e sintomi clinici,
- lavora per prevenire infezioni e complicanze.
La detersione fecale, cioè la pulizia delle regioni intime in seguito alla defecazione, non è un compito previsto dal suo profilo professionale (D.M. 739/1994), ma rientra tra le mansioni specifiche dell’Operatore Socio Sanitario (OSS).
⚠️ Un’attività ad alto rischio infettivo
Le feci sono un materiale ad altissimo rischio biologico. Possono contenere:
- batteri multiresistenti (Clostridium difficile, MRSA, ESBL),
- virus intestinali (norovirus, adenovirus),
- altri microrganismi trasmissibili.
Se chi manipola le feci non è adeguatamente protetto e formato, può diventare vettore involontario di infezioni, trasferendole ad altri pazienti o contaminando superfici, dispositivi, camici.
L’infermiere, dopo aver svolto un’igiene intima, potrebbe – anche solo per una distrazione o fretta – procedere alla somministrazione di farmaci o medicazioni, senza aver sanificato correttamente mani, DPI o divisa. E il rischio di infezione diventa reale.
🧬 E l’antibiotico-resistenza?
Anche qui l’infermiere ha un ruolo strategico: prevenire e contenere la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici. È una missione mondiale, su cui l’OMS, il Ministero della Salute e l’ECDC pongono massima attenzione.
Ma se l’infermiere viene coinvolto in pratiche ad alto rischio contaminazione come la detersione fecale, non può svolgere correttamente il proprio compito di prevenzione. Anzi, rischia di diventare parte del problema.
⚖️ Rischi legali e professionali
L’infermiere che esegue la detersione fecale può incorrere in responsabilità medico-legali, perché:
- svolge un’attività non prevista dal suo profilo,
- si espone al rischio di trasmettere infezioni,
- può causare eventi avversi per i quali lui stesso può rispondere penalmente (art. 590-sexies Codice Penale).
Oltre al rischio clinico, c’è anche un danno deontologico e professionale: si sottrae tempo e attenzione a mansioni ad alto contenuto clinico, dequalificando la professione infermieristica.
🏥 Anche le aziende sono responsabili
Le strutture sanitarie devono garantire che ogni figura professionale sia impiegata correttamente secondo il proprio profilo. In caso contrario, possono esserci:
- danni organizzativi e sanitari,
- contenziosi per colpa organizzativa,
- responsabilità civili e amministrative in caso di infezioni o errori.
La corretta gestione delle risorse è un dovere dell’azienda, non un favore ai professionisti.
👪 Cosa devono fare pazienti e familiari?
Anche i cittadini possono (e devono) fare la loro parte.
Se si trovano in ospedale e vedono un infermiere pronto a eseguire la detersione fecale:
🔴 Hanno tutto il diritto di rifiutare educatamente l’intervento.
🟢 Possono chiedere che venga impiegato personale OSS, come previsto dalla normativa.
Questo non è un “capriccio”: è una forma di tutela per sé stessi e per chi assiste. Significa pretendere cure sicure, professionali, rispettose dei ruoli.
✅ In conclusione
L’infermiere non deve essere impiegato nella detersione fecale. Nemmeno una volta, nemmeno “perché non c’è nessuno”. È una questione di:
- sicurezza del paziente,
- dignità del professionista,
- prevenzione delle infezioni,
- legalità organizzativa.
Se vogliamo una sanità moderna, sicura e fondata sul rispetto delle competenze, dobbiamo dire chiaramente “no” a queste scorrettezze quotidiane.
E iniziare a informare pazienti, famiglie e operatori che non si tratta di aiutare, ma di tutelare tutti.
Redazione Nursenews.eu
